20
di Giuseppe Felici rossointoccabile
Soffiando nel vento
Fandral riflette mesto, seduto al tavolo della taverna. La brocca, semivuota, è solo l'ennesima di una lunga serie.
Quando si sono risvegliati erano alle porte di Asgard. Il suo ultimo ricordo era quello di una rete dorata che lo catturava.
Ma nulla a spiegare come erano giunti fin li.
Il gigante corre a perdifiato lungo il ponte dell’arcobaleno. Bifrost risuona del fragore dei suoi passi, al punto che un guardiano ben più trascurato di Heimdall sarebbe sufficiente e il suo arrivo non può restare ignoto a nessuno nella città dorata.
Ciò nonostante il dio compie il suo dovere e suona il suo corno.
Poi si prepara a fronteggiare il nemico.
Quando Thor, dio del tuono e signore di Asgard arriva con i suoi pari per rispondere al richiamo li trova ancora così, uno di fronte all’altro che si studiano, immobili e con le armi alzate.
Un tempo, quando era più giovane ed impulsivo, Thor avrebbe attaccato il gigante a testa bassa, sgominandolo facilmente e riproponendosi di porre le domande, se del caso, a ciò che ne sarebbe restato.
Se ne fosse restato qualcosa.
Come signore del regno dorato ritiene di dover rinunciare al taglio dei nodi troppo intricati. Già altre volte questo comportamento ha condotto alla rovina regnanti fra i più potenti.
A malincuore fa segno al guardiano dell’arcobaleno di arretrare ed avanza, il martello alla cintura, verso il gigante, che sembra deciso a restare sulla difensiva.
- Cosa ti porta alle porte di Asgard, abitante di Jotunheim. Perché turbi la pace della città dorata giungendo qui solo ed in armi? –
Il gigante abbassa la sua colossale ascia. – Sono qui per cercare aiuto, signore di Asgard, in quanto la mia terra è stata attaccata da forze soverchianti, eserciti sconosciuti che insidiano i nostri confini. Sono solo perché i miei compagni di viaggio sono caduti in un’imboscata. Solo io, per quel che ne so, sono scampato. –
- È solo la tua parola, gigante. I nostri popoli non hanno mai vissuto in pace, cosa ci assicura che non sia un inganno? –
- Proprio come ha detto Ymir, che ha aggiunto “Meglio morire, che farci rifiutare l’aiuto dagli asgardiani.” – più piano, come se parlasse fra se – Ho fallito, ho condotto inutilmente i miei compagni alla morte. –
Poi fa un passo avanti e crolla a terra, svenuto. Il sangue comincia a sgorgare da una ferita che si è riaperta.
L’essere di tenebra nel mondo di tenebra distoglie gli occhi dallo stagno di tenebra.
Dalla tenebra indifferenziata estrae, con la semplice volontà, una forma umanoide che subito svanisce, per ritrovarsi nella notte di Jotunheim.
L’essere di tenebra riporta la sua attenzione sullo stagno di tenebra, cercando di proiettare il suo sguardo oltre la protezione della sala del consiglio di Asgard.
La riunione del consiglio di guerra è animata.
Sta parlando Hogun. – Mai vi è stata pace fra noi e i giganti. Dovremmo piuttosto avvicinare i loro nemici, per proporgli un’alleanza e spazzarli via una volta per tutte. –
Thor sbatte la mano sul tavolo. – È fuor di questione, abbiamo sottoscritto un patto di non belligeranza davanti al dio dei giuramentii, infrangerlo comporterebbe la morte, oltre che, cosa ben più grave, la perdita dell’onore. –
Si alza Odino. – Ma è fuor di questione anche l’accorrere in loro aiuto. Posto che la richiesta sia sincera e non un complesso sistema per aggirare il patto sottoscritto, cadere così scioccamente tra le braccia di Ymir sarebbe sciocco oltremodo. È stato già più che sufficiente liberarlo. Anche se, privo del suo corpo, è molto meno potente di quando io e i miei fratelli lo uccidemmo la prima volta, resta un nemico temibile. –
- Ma non possiamo lasciare inascoltata una richiesta d’aiuto. È ora di porre fine a questa antica inimicizia e questa azione può aiutare, in questo senso. Non possiamo, inoltre dimenticare che questo non è il primo attacco di un esercito contro uno dei nove mondi, in questi ultimi tempi.
Non possiamo lasciare che tutto accada nella più totale indifferenza da parte nostra. -
- Non possiamo neppure sguarnire le nostre difese per aiutare tutti i nostri vicini. Prima rinunci alla sovranità sui nove mondi, poi corri a destra e sinistra con i tuoi eserciti per difenderli? Sei sconsiderato, figlio mio, ed anteponi il benessere dei giganti a quello di Asgard. Non per i giganti, io dico. –
Thor si alza, la mano corre al martello. – Basta, padre. Perseveri nel mettere in dubbio la mia autorità. Non l’ho voluta, ma tu te ne sei liberato. Non farmi ricordare che la guerra coi giganti è iniziata perché tu e i tuoi fratelli avete ucciso Ymir. Tu l’hai iniziata e io vi porrò fine. Ho detto. –
- Prima chiedi il nostro consiglio, poi reagisci con la forza, se non corrisponde alle tue aspettative. Attento, figliolo, prima di minacciarmi con il tuo martello. Ti ricordo che ti ho passato la sovranità, non il mio potere. –
I due si squadrano, la tensione nella stanza è altissima. Il silenzio assoluto, cosa inconsueta, per una riunione di asgardiani.
Balder avanza tra i due. – Miei Signori. Calma, che ne sarebbe della fiducia degli asgardiani se la voce di questo litigio giungesse all’esterno? Nobile Thor, lascia solo che, se interverremo, sia io a guidare l’esercito. È giusto che il sovrano rimanga a guardia della città dorata. –
- Nessuno farà in mia vece quello che devo fare, nobile Balder. Interverremo in aiuto di Jotunheim e io marcerò in testa all’esercito. Tu sarai alla mia destra e Red Norvel alla mia sinistra. Ho parlato. Andate a prepararvi, il consiglio è sciolto. –
Thor riaggancia il martello alla cintura, poi esce, gli occhi fissi al terreno.
Quando si è svegliato, per un istante, non ricordava dove fosse.
Ora, dopo giorni e giorni di fuga, passata a nascondersi tra le pieghe della realtà, per la prima volta è tranquillo. Tranquillo quanto può esserlo un essere braccato. Ora sa che i suoi inseguitori non sono alla sua altezza, ma lo tengono sbilanciato, sempre al limite delle sue possibilità. Profittano del numero per compensare la sua maggiore forza. Aspettano chiaramente qualcuno alla sua altezza. Si limitano a tenerlo lontano dal suo obiettivo.
Ma lui è il dio della luce, potente oltre ogni altro.
Dalla sabbia che copre il pavimento della caverna crea una forma umana, la sua replica perfetta. Vi infonde gran parte del suo potere e una microscopica frazione della sua anima. La creatura si muove, sbatte gli occhi.
*Non è altro che un’arma molto complessa. Speriamo basti.*
Horus usa il suo potere residuo per testare le pareti fra i mondi. Asgard è fortificata, impossibile raggiungerla da li.
*Beh, è la mia unica possibilità di seminarli, comportati bene, mio caro amico.*
Horus slitta fra i mondi e la sua imperfetta copia fa lo stesso. Le loro traiettorie divergono. Oltre ogni immaginazione umana.
Horus raggiunge la sua destinazione. La più pericolosa di tutte.
Per passare nella terra degli Asi deve attraversare il regno abbandonato di suo zio, prigioniero in un altro mondo.
*Quindi rieccoci al punto di partenza*
La lunga colonna dell’esercito di Asgard si muove veloce verso i confini del regno. In testa, Digrignadenti e Arrotadenti trainano il carro da guerra del re.
In lontananza si vede la nube di polvere dei rinforzi che giungono da Vanaheim, su una traiettoria di intercettazione.
Messaggeri sono partiti alla volta dei regni divini, ma portano notizie grame e difficilmente arriveranno rinforzi significativi. Più facilmente gli dei fortificheranno le loro città.
Tra le file dell’esercito serpeggia lo scontento, per questa guerra nella terra dei giganti.
- È una trappola, ci tenderanno un agguato. –
- No, il trattato coi giganti è stato suggellato da Var in persona. Neppure Ymir può infrangerlo impunemente. Piuttosto, perché accorriamo? Era l’occasione buona per liberarci dei Giganti una volta per tutte. E se questi aggressori avessero vinto, non avrebbero certo conservato forza sufficiente a contrastare l’esercito degli Asi. Così, invece, saremo noi ad indebolirci, così da non poterci difendere, se saremo attaccati. –
- Blasfemo. Nessuno potrà mai prendere per sempre la città eterna. Le forze di Asgard sono uscite ineguagliate innumerevoli volte dalla pugna. –
- Ho sentito che Thor si è scontrato con Odino, per imporre questa guerra. –
- Fandonie. Neppure la stessa Asgard sarebbe rimasta in piedi, dopo una simile pugna. –
- Deve esserci lo zampino di Loki. Solo il dio degli inganni può seminare tutte queste voci assurde e generare tanti contrasti. –
Fra gli dei dei popoli indoeuropei si narra una leggenda. Che un tempo, prima dell’inizio dei tempi, essi fossero parte di un solo pantheon. Prima che esplorassero i mondi fra i mondi in cui poi hanno edificato le loro dimore abitavano tutti in una sconfinata città luminosa.
Ma il desiderio di conoscenza era grande e, orda dopo orda, iniziarono a viaggiare.
Per alcuni questa leggenda è particolarmente importante, al punto da spingerli a costruirvi sopra una ricorrenza e una festa.
La ricorrenza segna il giorno mitico in cui due orde si sono separate.
È per questo che la delegazione del pantheon indiano entra in pompa magna nella città sopra la montagna, dimora degli dei greco/romani.
Li guida, in tutta la sua magnificenza, il cavaliere del topo.
Ma diversa è oggi la sua cavalcatura.
Giunge nell’aspetto di Heramba Ganapati (protettore dei deboli). Il suo corpo e la testa d’elefante sono di colore bianco e cavalca un leone. Una mano assume abhaya mudra (che allontana la paura) e l'altra varada mudra (che concede benedizione). Nelle altre tiene il cappio, il rosario, l'ascia, il martello, la sua zanna rotta, una ghirlanda, frutta e mudhak, il suo dolce preferito, che sbocconcella con gusto.
Le cerimonie sono lunghe e, per quel che si può capire, noiose, come tutte le cerimonie che si rispettino.
Nella festa che segue Ganesh assume l’aspetto di Nritya Ganapati (Il felice danzatore). Di color d'oro, con anelli alle dita. Tiene la zanna, il pungolo, il cappio, e i dolci di mudhak.
È così che lo trova Zeus. Con un codice di segni riprende un discorso iniziato durante la cerimonia.
- Volevi parlarmi di qualcosa di importante? –
- Soltanto se hai una stanza in cui Brama stesso non possa sentirci. –
- Spero solo non si tratti di altri guai, stiamo già fronteggiando un’emergenza. –
Quando gli eserciti giungono in contatto, sui confini della terra dei giganti, il fragore è sconcertante.
L’impatto delle forze di Asgard è sufficiente a far arretrare il nemico, già fiaccato dalla lunga battaglia contro i giganti.
L’ala dei Vani attacca sul fianco, chiudendo l’accerchiamento. L’esercito nemico arretra, ma i giganti, rinfrancati dall’aiuto, gli chiudono la via di fuga.
La battaglia sembra destinata a durare poco, ma i maghi dell’avversario riescono ad erigere degli scudi di sorprendente potenza.
L’attacco viene spezzato, per un breve istante sembra infrangersi, poi gli scudi cedono.
Seppur breve, la pausa è bastata ai nemici per riorganizzarsi.
Formano un cuneo, che spezza l’accerchiamento.
Una gran parte delle forze ripiega, coloro che non ce la fanno cadono valorosamente.
La battaglia sembra vinta, l’esercito dei nove mondi è in attesa dell’ordine di inseguire il nemico, ma il signore di Asgard esita, grida un ordine ai suoi maghi.
Quando il capo dell’esercito nemico, chiaramente una divinità sovrana, riversa tutta la sua forza distruttrice contro il grosso dell’esercito degli asgardiani, le barriere più potenti che siano mai state erette in quei lidi sono state appena terminate.
Ciò malgrado l’esercito intero è spazzato via e se gli asgardiani, i Vani e i giganti giacciono per lo più svenuti, sono comunque alla mercé del nemico.
Ai margini della festa Dioniso intrattiene il suo ospite su un balconcino.
Nella sua forma corpulenta, trangugia vino a fiumi.
L’ospite si limita a spizzicare qua e la, ma segue con lo sguardo Zeus che accompagna il signore della conoscenza.
- Prevedo ulteriori guai. Le barriere tra i mondi vengono continuamente infrante e la realtà stessa inizia a risentirne. Ora che il nesso delle realtà non è più integro il rischio è grande. Spero solo che Ganesh non porti notizie di guerra. –
- Incredibile, tu che ti auguri ordine e tranquillità? La sala in cui stanno entrando ha schermature maggiori di quella in cui ci troviamo noi. Dubito che mio padre uscirebbe dalla realtà, se la questione non fosse urgente. –
- Eppure noi abbiamo altre priorità. Dopo questa piccola pausa dovremo portare l’affondo finale, o il nostro piano rischia di fallire. –
- Sei troppo serio, amico mio. Pensa all’espressione di Hogun quando si è risvegliato nel luogo in cui l’abbiamo lasciato, nei pressi delle porte di Asgard. –
I due ridono, fragorosamente.
L’ascia lo sfiora appena. Sulle sue dita si forma una stella luminosa, che subito scaglia contro l’aggressore.
La terribile potenza del dardo si infrange come acqua sull’armatura.
Scansa il fendente successivo per un pelo e richiama le sue armi.
Lo scudo appare appena in tempo per essere infranto dal terzo colpo dell’ascia. La spada rimbalza sulla corazza.
Salta via, usa la sua magia per correre attraverso le pareti della caverna.
Pareti che vengono abbattute per permettere al suo avversario di inseguirlo.
Appena dietro un angolo, sprofonda nel terreno.
Quando il suo nemico raggiunge il punto in cui si trovava, la roccia muta, diventa come acqua.
Prima che la creatura possa reagire, la pietra torna solida, imprigionandola.
Malekith lo colpisce con un potente incantesimo, l’armatura ne risente. Il colpo successivo è sufficiente, in apparenza. La creatura si accascia. Malekith lo colpisce altre sette volte, prima di osare avvicinarsi.
- Vediamo chi sei. – dice tendendo le mani verso i legacci dell’elmo. Ma quando lo rimuove nota che l’armatura è vuota, tranne che per delle volute di fumo che si stanno rapidamente disperdendo.
Solo uno è in piedi, dopo la violenza del colpo. Colui che l’ha emesso.
Si avvicina in fretta alla testa dell’esercito asgardiano, non curandosi degli dei a terra. Non è distante da Thor, quando si ferma. In ascolto.
Ma è tardi.
Ymir, il gigante primigenio è rientrato nel suo corpo, la materia di cui sono forgiati i nove mondi.
Conosce bene il costo di questa azione ma non intende lasciare la vittoria al suo nemico.
La terra stessa si solleva ad abbrancare il dio.
Questi sprofonda, lanciando potenti saette in ogni dove, ma i suoi sforzi sono inutili.
Prima di risprofondare nel suo sonno eterno, all’interno del suo corpo morto. Prima di ritrovarsi per sempre nell’oblio, Ymir riduce alla più totale impotenza il suo nemico.
La battaglia è vinta.
Thor osserva mesto i preparativi del banchetto che festeggerà la vittoria.
Quando si sono ripresi, sul campo di battaglia c’erano solo gli abitanti dei nove mondi. Dei nemici erano rimaste soltanto le armi e i vestiti.
Il mistero più assoluto sulla loro identità.
Con la coda dell’occhio gli sembra di carpire un movimento nell’ombra, ma quando si volta non vede nulla.
*Scherzi delle fiamme*
Viene distratto dalle urla di un diverbio fra dei e giganti. Dopo che, con l’aiuto di altri dei e di alcuni altri giganti riesce a sedarlo, si fa pensieroso.
Ora è a colloquio con alcuni dei pretendenti al trono di Jotunheim.
- Invero, non credo sia saggio che noi si resti per il banchetto. Le ultime dodici ore sono state impegnate a sedare le risse connesse a vecchi attriti e al pregiudizio fra i nostri due popoli.
Inoltre per molti, morto Ymir, il trattato tra di noi non è più valido. Meglio ridurre le occasioni di contatto, almeno per un po’. –
- Concordiamo su questo, signore di Asgard. Malgrado siate intervenuti in nostro aiuto la nostra inimicizia ha origini antiche. Anche con le migliori intenzioni non si può pretendere che la pace diventi effettiva in poco tempo. Queste cose hanno bisogno di tempo, oltre che di volontà. E si costruiscono sui fatti, non sulle intenzioni. –
- Certo. La pace effettiva tra i nostri popoli va costruita giorno per giorno. Per ora suggerisco incontri in campo neutro. –
Svartalfheim. La reggia di Freya è una costruzione di tutto rispetto, che richiede, per essere mantenuta efficiente, una quantità non indifferente di personale.
L’elfo di basso rango che ha appena superato l’ammissione tra il personale addetto alle cucine è insolitamente pensieroso.
Per un istante, mentre passa dall’ombra alla luce il suo volto sembra bicolore.
Ma è un solo istante.
i In Thor MarvelIT n° 13, di Mickey